Kobe Bryant se ne è andato un anno fa in un tragico incidente in elicottero, causato dalla scarsa visibilità per nebbia, che ha ucciso anche sua figlia Gianna di 13 anni, già una promessa del basket come suo padre, nonché altre 7 persone che viaggiavano con loro.
E noi vogliamo ricordarlo con questo articolo.

Un lutto enorme per il basket americano e internazionale così come per lo sport in generale.

Per gli sportivi italiani (e non solo) è stato un colpo diretto: Kobe era nato a Filadelfia ma sin da piccolo, a 3 anni,  si era trasferito in Italia per seguire il padre, Joe Bryant nella sua carriera in Italia.
Qui aveva imparato i fondamentali della pallacanestro col chiaro sogno di tornare negli USA per giocare da protagonista nell’NBA.


Chi lo ha conosciuto ragazzino o adolescente (fino ai 13 anni quando rientrò negli States) ha sempre ricordato come in lui bruciasse da sempre una passione incredibile per il basket. Un fuoco sacro che solo alcuni grandi sportivi hanno. La voglia di migliorarsi, di crescere, di dedicarsi a una passione.
Era sempre il primo a entrare in campo prima degli allenamenti e l’ultimo a uscirne.

Si allenava costantemente e con tenacia sui fondamentali.
Cercava di migliorare il tiro, le finte, le giocate. Perché doveva arrivare a giocare fra i grandi. E proprio nei Los Angeles Lakers ha poi disputato tutta la sua carriera da professionista, con 20 stagioni all’attivo e vincendo ben 5 titoli, con medie punti per partita sempre altissime fino a segnare ben 60 punti nella sua partita di addio nel 2016.

Ha giocato nella Nazionale Americana e nell’All Star Game, vincendo medaglie d’oro alla FIBA Americas Championship del 2007 così come alle Olimpiadi di Pechino (nel 2008) e di Londra (nel 2012), facendosi valere come Guardia tiratrice ma non sfigurando all’occorrenza come Ala piccola o Playmaker.
Nonostante un’abilità eccezionale in attacco (è stato uno dei migliori marcatori dell’NBA) non si tirava mai indietro neanche nella difesa, conquistando la fama di essere uno degli sportivi più conosciuti al mondo e dalla carriera ai massimi livelli.

Il suo amore per l’Italia è sempre rimasto. Parlava fluentemente la nostra lingua e non perdeva occasione per rientrare nel nostro paese per le vacanze come dimostrano varie interviste sui TG locali.

La sua carriera, macchiata da un’accusa di stupro, ritirata nel 2004 e archiviata nello stesso anno, è una delle più incredibili del basket statunitense. Viene addirittura realizzato un corto animato, Dear Basketball, ispirato alla sua lettera di addio allo sport che vince il Premio Oscar come miglior cortometraggio di animazione nel 2018.

La sua prematura scomparsa lascia un vuoto nello sport ma un esempio di sportivo e di giocatore da imitare. Un atleta che ha sempre cercato di migliorarsi, di mirare in alto, di diventare un Campione nel suo sport e ci è riuscito. Un esempio per tutti gli sportivi del mondo.

Vogliamo chiudere questo tributo con la famosa lettera con cui chiuse la carriera:

Caro basket,
dal momento in cui ho cominciato ad arrotolare i calzini di mio padre
e a lanciare immaginari tiri della vittoria nel Great Western Forum
ho saputo che una cosa era reale:

mi ero innamorato di te.

Un amore così profondo che ti ho dato tutto
dalla mia mente al mio corpo
dal mio spirito alla mia anima.

Da bambino di 6 anni
profondamente innamorato di te
non ho mai visto la fine del tunnel.
Vedevo solo me stesso
correre fuori da uno.

E quindi ho corso.
Ho corso su e giù per ogni parquet
dietro ad ogni palla persa per te.
Hai chiesto il mio impegno
ti ho dato il mio cuore
perché c’era tanto altro dietro.

Ho giocato nonostante il sudore e il dolore
non per vincere una sfida
ma perché TU mi avevi chiamato.
Ho fatto tutto per TE
perché è quello che fai

quando qualcuno ti fa sentire vivo
come tu mi hai fatto sentire.

Hai fatto vivere a un bambino di 6 anni il suo sogno di essere un Laker
e per questo ti amerò per sempre.
Ma non posso amarti più con la stessa ossessione.
Questa stagione è tutto quello che mi resta.
Il mio cuore può sopportare la battaglia
la mia mente può gestire la fatica
ma il mio corpo sa che è ora di dire addio.

E va bene.
Sono pronto a lasciarti andare.
E voglio che tu lo sappia
così entrambi possiamo assaporare ogni momento che ci rimane insieme.
I momenti buoni e quelli meno buoni.

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